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Aiuto! Mio figlio picchia tutti!

La mamma di Diego è molto preoccupata perché le educatrici del nido le hanno riferito che suo figlio spesso è aggressivo verso i suoi compagni, usando morsi e schiaffi per ottenere ciò che vuole.

Diego ha 2 anni e mezzo e si è trasferito in Italia da poco. In casa la mamma parla francese, la sua lingua madre, e Diego a scuola sta iniziando a dire le sue prime parole in italiano, ma essendo bilingue è un po’ indietro nello sviluppo del linguaggio.

La mamma di Martina, 3 anni, è in grande difficoltà a gestire la figlia dopo l’arrivo del fratellino Matteo. La sorella grande è molto dolce e piacevolmente incuriosita dal fratellino, ma è estremamente aggressiva verso i genitori e in particolar modo verso la mamma. Ha atteggiamenti di sfida continui e, quando la mamma le dice di no per qualcosa, non tollera queste frustrazioni e la picchia con rabbia.

In entrambe le situazioni ci troviamo di fronte a comportamenti aggressivi, ma è importante fare una distinzione. Nonostante l’agito dei bambini sia simile, ovvero picchiare, mordere o spingere bambini o adulti, le motivazioni sottese a tali gesti sono diverse.

La parola aggressività, dal latino ad-gredior, vuol dire avvicinarsi o andare verso: entrambi i comportamenti di Diego e Martina rientrano infatti in un tentativo corporeo di comunicare con l’altro.

Diego, essendo in un contesto nuovo ed avendo qualche difficoltà con la lingua, si serve di comportamenti aggressivi non tanto per esprimere la propria rabbia, quanto più per entrare in relazione, per comunicare. Sappiamo infatti che i meccanismi di auto-regolazione non sono ancora del tutto maturi a quest’età, e spesso i bambini faticano a regolare le emozioni in modo autonomo ed efficace, soprattutto se intense. A volte sono proprio le emozioni intense positive come gioia, allegria e stupore a provocare questi comportamenti!

I comportamenti di Diego rientrano in una situazione assolutamente comune fra i bambini, in particolar modo per quelli che, a causa del bilinguismo o di ritardi di linguaggio, agiscono la comunicazione prevalentemente attraverso il piano corporeo.

Cosa fare in questi casi? Dopo aver comunicato che fare male agli altri non è la forma corretta per esprimersi, bisogna proporre un’alternativa sul piano verbale e corporeo: se un abbraccio può essere piacevole, una stretta fortissima lo è meno. Così la nostra risposta ha il duplice scopo di tutelare anche il bambino che ha ricevuto l’aggressione.

È importante in questi casi non colpevolizzare eccessivamente il comportamento, poiché solo attraverso l’età e la maturazione della capacità di autoregolazione potremmo vedere dei risultati. Per queste ragioni mettere in punizione, sanzionare i comportamenti o obbligare un bambino a chiedere scusa, per la mia esperienza all’interno dei servizi educativi è inutile e alla lunga dannoso.

Anche Martina sta comunicando qualcosa, attraverso i suoi comportamenti aggressivi nei confronti dei genitori. Sta parlando della sua fatica ad accettare che la propria mamma non sia più solo sua, che le attenzioni non siano più esclusive verso di lei e che questi cambiamenti le provocano rabbia, tristezza e solitudine. Le botte alla mamma e al papà sono un tentativo di comunicare queste emozioni, che probabilmente Martina sta provando in una molteplicità di situazioni e di cui non ne è del tutto consapevole.

Cosa fare in questi casi? Cerchiamo di accompagnarla a comprendere le sue emozioni. Offrendole uno spazio verbale in cui queste emozioni negative possano essere accolte e piano piano elaborate. Consapevoli che questi atteggiamenti aggressivi non sono altro che un’espressione di un bisogno legittimo di essere amati, a maggior ragione quando si mostrano le parti più vulnerabili.

Se hai problemi a gestire l’aggressività di tuo figlio o di tua figlia, prenota un consulenza pedagogica che ci farà individuare la causa del comportamento e trovare il modo migliore per affrontarlo.